L’intelligenza artificiale (in sigla AI, dall’inglese Artificial Intelligence) nel suo significato più generale è la capacità di un sistema artificiale (software) di simulare l’intelligenza di un essere umano attraverso il perfezionamento di funzioni matematiche.
Giunge a proposito della A.I. la notizia di una nuova tecnologia che dei ricercatori della Mohamed bin Zayed University of Artificial Intelligence (MBZUAI) di Abu Dhabi hanno brevettato e che sarebbe in grado di imitare qualsiasi grafia sulla base del semplice apprendimento, utilizzando pochi paragrafi di un testo scritto riferibile alla medesima persona la cui grafia si vuole imitare.
L’A.I. sarebbe dunque, da quanto trionfalmente si afferma, in grado di identificare lettere, la loro variabilità, l’uso degli spazi e quant’altro di utile al fine di mettere su carta una rielaborazione della grafia precedentemente immagazzinata nell’algoritmo utilizzato dal software.
Ogni tipo di grafia, di fatto, con tale sistema diventa “font” e con esso qualsiasi testo potrà essere riscritto e riprodotto artificiosamente.
L’avvento della A.I. rischia quindi, nel brevissimo futuro, di minare gravemente le basi della “scienza grafologica”; infatti se un tempo la grafia a mano poteva essere oggetto di tentativi di imitazione da parte di falsari più o meno preparati ma al tempo stesso poteva dirsi quasi al sicuro grazie all’intervento di professionisti grafologi in grado di distinguere una grafia apocrifa da una grafia autografa, l’avvento della A.I. e delle nuove tecnologie possiede e possiederà sempre di più nel prossimo futuro un potenziale tale da raggiungere livelli di perfezione inimmaginabili fino a qualche anno fa.
La A.I. ad oggi quindi è in grado di apprendere lo stile di scrittura di qualsiasi persona e di generare testi che sembrano provenire dalla sua stessa mano.
La grafia “artificiale” corre quindi il rischio di diventare sempre più sofisticata e risulterà “quasi impossibile” distinguerla da quella umana, pertanto oggi sorge un grosso problema e cioè su come potersi difendere e proteggersi dalle potenziali truffe che potrebbero nascere nel “brevissimo futuro” da questa nuova tecnologia che utilizzando specifici algoritmi sono capaci di riprodurre ogni tipo di grafia.
Oggi possiamo sostenere che nei testi riprodotti con l’A.I. si possono rinvenire degli elementi che da soli o combinati con altri aspetti grafologici possono indurci a sospettare e/o a rilevare l’artificiosità di una grafia, eccone alcuni:
- Lessico spesso limitato o ripetitivo;
- Frasi e/o parole con struttura semplice ed elementare attinte da altri testi riferibili al soggetto la cui grafia si vuole imitare;
- Mancanza di originalità;
- Assenza di errori grammaticali;
- Stile espressivo non coerente da un punto di vista temporale rispetto alla grafia oggetto di imitazione o rispetto al suo quadro clinico;
- Difetti e/o caratteristiche individualizzanti del “mezzo” che riproduce su carta quanto elaborato dall’algoritmo.
Alla luce di quanto suddetto saprà il professionista grafologo raccogliere l’ennesima sfida che gli è stata già lanciata dalla A.I.? Personalmente sono molto fiducioso e credo che sia ancora possibile, nonostante l’avanzare delle nuove tecnologie, per un professionista grafologo discriminare un tracciato artificiale da quello effettivamente autografo specie per i grafologi peritali che dedicano alla propria professione anni di studio, di paziente ricerca e costante aggiornamento.